La campagna elettorale e le idee programmatiche incentrate su quattro parole chiave: futuro, cambiamento, crescita, novità.
Mi era stata data la bicicletta, Allora dovevo pedalare. Continuai ad insegnare ai miei studenti di Pitigliano finché potei. Poi presi i giorni che spettano ai candidati alle elezioni e scesi in campo. Anzi, come dicevo, salii.
Le preoccupazioni di non essere
all’altezza della battaglia elettorale e poi, eventualmente, di amministrare la
Provincia si concentrarono nella mia mente provocando uno stordimento. Ma durò
poco. Era giunto il tempo di mettersi alla prova. Allora avanti tutta ad organizzare la campagna elettorale, ad
elaborare una griglia di idee programmatiche, a presentare la mia persona per
quello che realmente era, a cercare un’idea di fondo che diventasse anche
slogan spendibile tra la gente.
L’unica cosa di cui non mi
preoccupai fu l’individuazione dei candidati di collegio, tutta in mano alle
forze politiche chi mi sostenevano. Emersero 24 candidati di tutto rispetto,
dalle multiformi storie e personalità. Per ciascuno di loro ci sarebbe da
scrivere una piccola-grande storia, anche se all’inizio ne conoscevo solo un
paio. Alcuni si impegnarono nella campagna elettorale, altri lasciarono che le
cose andassero da sole, non facendo proprio nulla.
La campagna elettorale, come
tradizione, prevedeva tutta una serie di incontri, passeggiate nei mercati,
colazioni in alcuni bar, visita di zone artigianali, partecipazione a
trasmissioni televisive e a dibattiti con giornalisti locali. Io mi mossi in
prevalenza nelle zone dove ero meno conosciuto: le colline metallifere, l’area
grossetana e quella amiatina.
La spesa elettorale per la campagna
elettorale di tutti i candidati non so, con precisone, quanto ebbe ad
ammontare. Orientativamente la posso evincere da una lettera del tesoriere che
prevedeva il contributo da versare da parte di ciascun candidato (250.000
lire), dei partiti (1.000.000) con l’eccezione del Pds (il partito, anzi
l’unico partito rimasto) che avrebbe versato 3 milioni di lire. Anche se non
credo che alla fine tutti dettero il proprio obolo, sia tra i partiti che tra i
candidati.
Debbo confessare che dell’Ente Provincia non conoscevo
assolutamente nulla. Non aveva mai fatto parte dei miei interessi, né
l’avevo incrociato per qualche particolare motivo. Non conoscevo neppure nello
specifico le problematiche delle diverse aree provinciali, fatte salve quelle
della zona dove vivevo e le mega-questioni come, ad esempio, quella
autostradale.
Ma presi la cosa molto sul serio
e mi misi subito a studiare, anche per elaborare poche idee programmatiche che
avessero un senso e dessero una prospettiva. Nessuna delle forze politiche che
mi sostenevano mi dette una mano a conoscere le cose che andavano conosciute,
salvo farmi trovare nel corso di qualche incontro a contatto con le
problematiche della zona A o B. Le uniche due persone sulle quali potei un po’
contare per la elaborazione di uno straccio di programma furono Massimo
Cipriani, che nel dopolavoro mi illustrava il funzionamento della provincia e
le principali attività del settore agricolo, e Luigi Tricoli con il quale feci
due o tre incontri sul quadro macro-economico locale.
L’idea di fondo la maturai dopo
pochi colloqui con i cittadini delle realtà locali. Ci voleva una provincia
diversa, era necessaria una PROVINCIA AMICA.
Fu questo lo slogan, a mio
parere vincente, che accompagnò la nostra campagna elettorale.
Che significava “ente pensante in grado di governare il
territorio nel quadro di regole certe e condivise, motore leggero capace di offrire un deciso contributo alla
questione dello sviluppo e dell’occupazione”, così scrissi anche sul dépliant.
E che
rappresentava il patto stipulato e l’obiettivo da raggiungere per un’alleanza
democratica e riformatrice come la nostra, i Democratici Insieme, “nata dall’incontro di forze che si
richiamavano alla migliore tradizione del cattolicesimo democratico e sociale,
dell’ambientalismo, della sinistra e dell’area liberaldemocratica”. Alleanza,
andavo dicendo, che rappresentava
“l’unica vera novità del panorama politico provinciale (e anche italiano) in
grado di candidarsi alla guida di un progetto di cambiamento e di offrire un
futuro al paese”.
Furono FUTURO, CAMBIAMENTO,
CRESCITA le parole chiave della mia campagna elettorale, sia perché compresi
ben presto che l’ente provincia – come detto – andava rivoltato come un calzino
e c’erano da offrire risposte alla grave crisi occupazionale che aveva messo in
ginocchio il nostro territorio, sia per rispondere alla destra che tendeva,
ovviamente, a presentarmi come il volto apparentemente nuovo del passato che
non vuol passare.
I capitoletti del dépliant
utilizzato in campagna elettorale ricordano ancora oggi le idee che cercammo di
veicolare: la Provincia amica; liberare le idee dei cittadini; dalle nostre
risorse lavoro e benessere; educare per crescere; lo sviluppo è reale solo se è
accompagnato dall’innovazione.
Feci molti incontri da una parte
all’altra della provincia e incrociai persone delle categorie più variegate:
agricoltori, insegnanti, qualche operaio, imprenditori, professionisti,
anziani, giovani (con i quali feci anche una partita a calcetto), donne. Le
loro richieste furono non poche, come le critiche rivolte alla provincia
matrigna, che magari riscuoteva balzelli (la famosa Tosap) e ritardava le
autorizzazioni del vincolo idrogeologico. Che gestiva male e in proprio la
formazione professionale, che aveva una visione del territorio tutta vincoli e
niente sviluppo. Che sistemava le strade dei centri forti e non di quelli
periferici e che era prona alla regione matrigna.
Pensavo a tutte queste persone
quando mi rivolsi a loro con le parole che seguono.
“Nel breve ma intenso viaggio elettorale, ho
constatato la pressoché totale consonanza tra le idee e le speranze di molti di
voi e quelle che anch’io andavo sostenendo.
E cioè l’idea di una Provincia Amica: capace
di riformare le procedure, i comportamenti, e di attivare strumenti
informativi, per essere più vicina alle persone ed alle altre istituzioni; in
grado di valorizzare le potenzialità presenti nella società civile, dalla
famiglia al volontariato, all’associazionismo in genere; tendente a promuovere
politiche sociali volte non all’assistenza, ma alla valorizzazione delle
persone (penso in specie agli anziani, ma anche al pianeta-giovani); convinta
di rappresentare, nell’area del Mediterraneo, uno dei poli di attrazione
ambientale e culturale in grado di produrre forme di sviluppo uniche e
particolari, basate sulla piccola imprenditorialità locale; idonea a
contribuire alla creazione di un ambiente favorevole alle attività delle
imprese, dell’agricoltura, del turismo; convinta che non vi è alcuna
prospettiva di conservare il benessere e la democrazia se non con un enorme
aumento del livello di istruzione di tutti i cittadini.
L’idea di una Provincia Amica: capace di
integrare il rilancio del Capoluogo con la valorizzazione di tutte le aree
costiere, collinari e montane; decisa a rivendicare un proprio ruolo e una
propria specificità nei riguardi di una Regione Toscana che in futuro dovrà
essere più attenta e disponibile alle legittime richieste della Maremma.
È per questi obiettivi che ho accettato la
candidatura alla Presidenza della provincia per i Democratici Insieme,
un’alleanza di centro-sinistra che per i valori e le sensibilità che esprime,
ritengo in grado di offrire risposte nel senso indicato.
È con l’idea di una Provincia e di una
società aperta, tollerante, solidale e partecipata da tutti, che stabilisco un
patto con ciascuno di voi.
La vostra risposta positiva sarà il segno
che la novità si sta facendo strada”. NOVITÀ, ecco l’altra parola
chiave della mia avventura elettorale.
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