La giornata elettorale del 7 maggio 1995 fu sia per me che per Tamburro una “tranquilla giornata di famiglia”, per dirla con La Nazione. Si fa per dire
A casa la mattina con Rossella,
Giovanni e Lucia, dopo alla Messa in S. Maria Assunta. Pranzo, poi l’incontro
con qualche amico, quindi serata in via Fanti a Grosseto, nostra sede
elettorale, a seguire i risultati. Risultati che interessavano anche i
consiglieri, perché se perdevo rimanevano in consiglio i 5 già promossi,
Giancarlo Castagnoli, Alberto Niccolaini, Giancarlo Bastianini, Giampiero
Pacchiarotti, Marcello Ranieri. Se vincevo ne entravano altri 9: Pier Luigi
Marini, Pier Luigi Tonelli, Enzo Rossi, Manuela Bracciali, Uliva Guicciardini,
Gloria Faragli, Telio Barbieri, Luca Ginanneschi, Guido Ceccolini.
Le ore 22 furono comunque
benedette, anche se l’attesa era stata snervante per tutti. La storia era
finita e, al di là di come sarebbe andata, avevamo messo il punto al periodo
affascinante e faticosissimo della campagna elettorale. Avevo perso 5 kg,
conosciuto tante persone e situazioni e maturato una convinzione positiva circa
l’esito del voto. Ma vai a sapere.
Nel
volgere di due ore il dato fu evidente: avevo vinto. Avevamo
vinto. Quindi non avevo messo il punto, ma i due punti. Ora veniva il bello.
Avevo raccolto un bel
bottino di voti. Complessivamente ottenni
76.646
voti
(il 58,11%, percentuale mai più raggiunta in seguito), 12.000 in più di Vannino
Chiti, Tamburro ne raccolse 55.325, 11.000 in meno di Paolo Del Debbio.
Vinsi in tutti i comuni,
salvo Orbetello dove persi per appena 16 voti, Roccalbegna per 66 e Isola del
Giglio (la mia amata isola) per 249.
Avevamo avuto ragione a non
apparentarci con nessuno, potevo così contare su una maggioranza di 15
consiglieri piuttosto coesa e non sottoposta ai ricatti delle forze minori.
Aveva ragione il leader di
Rifondazione, Raniero Amarugi, nel dire a caldo che “Rifondazione Comunista, nonostante le polemiche aveva votato compatta
per Stefano Gentili”, anche se lui non lo aveva fatto, per “essere coerente” con se stesso. Ma
aveva torto nel definire il mio (nostro) un “modo
pretesco di dire: soffriranno tanto, ma poi il voto lo danno a noi” (Il
Tirreno, 9.05.1995). Niente di pretesco, fu una scelta politica.
Gli elettori del PDS e
quelli del Partito Popolare di Bianco votarono compatti, recuperai i due terzi
dei voti andati a Rifondazione nel primo turno e in alcuni comuni riuscii a
pescare anche in altre aree.
Come ho già detto, l’analisi
dei flussi elettorali è complicata e rifugge risposte semplicistiche, ma
azzardo a dire che recuperai tra il 75 e
l’80% degli elettori di Rifondazione ad Arcidosso, Campagnatico,
Castell’Azzara, Civitella, Gavorrano, Grosseto, Massa Marittima, Montieri,
Santa Fiora, Scarlino. Pochi di meno a Capalbio, Orbetello, Roccastrada.
Probabilmente li ripresi tutti, andando a pescare anche altrove, a Castel del
Piano, Castiglione della Pescaia, Cinigiano, Magliano, Manciano, Scansano,
Seggiano. A Pitigliano e Sorano feci il
botto. In quest’ultimo comune mi votarono anche l’80% degli elettori
laburisti, che alle regionali avevano votato Del Debbio.
Insomma fu un successo. Per
alcuni, inatteso.
Il
giovane professore di religione di Pitigliano aveva battuto il forte direttore
degli industriali di Grosseto. Lo stimato (da me) ed
elettoralmente temuto Giovanni Tamburro di lì a qualche giorno verrà messo dai
suoi sul banco degli imputati (se non ricordo male specie da AN), motivo per
cui il 27 febbraio dell’anno successivo (9 mesi dopo) lascerà i banchi
consigliari.
Io mi trovai a guidare una
coalizione di sinistra-centro composta di 14 consiglieri provinciali più il
sottoscritto (6 erano andati al centrodestra, 3 a Rifondazione e 1 a Ciani).
Dei 15 consiglieri Democratici insieme, 4 eravamo di centro (io, Bastianini,
Pacchiarotti, Ginanneschi), 10 di sinistra, più il verde Ceccolini.
L’Alcione, una settimana
dopo, se ne uscì con una splendida vignetta, raffigurante un pretino
all’avanguardia delle masse proletarie, titolata “centrosinistra, amen”.
Non male, sempre nella
stessa rivista, il titolo “la Provincia
diventa Diocesi”.
Quella simpatica ironia mi fece rammentare con gusto
l’Oscar Wilde de “l’umanità si prende
troppo sul serio”. E ne avevo proprio bisogno.
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