Era fondata l’accusa di Stefano Carotta?
Ritaglio uno spazio per
riportare alla luce la reazione di una serie di amici dell’ambito ecclesiale
(evito di dire mondo cattolico, perché il mondo non c’era più e dalle nostre
parti non c’era mai stato) alla mia candidatura prima e alla mia elezione poi.
Anche
perché, due giorni dopo il voto del 7 maggio, Stefano Carotta (Lega Nazionale
Toscana) “accusa l’azione cattolica e una
cospicua parte del clero maremmano di aver appoggiato il candidato del
centrosinistra Stefano Gentili”, inoltre “stigmatizza e sollecita una risposta chiarificatrice” (Il Tirreno,
9 maggio 1995). Naturalmente erano balle. Ma andiamo per ordine.
Riguardo alla candidatura in
un’alleanza con il PDS e altri di sinistra, le reazioni furono contrastanti.
Una parte la accolse con
FAVORE: erano sacerdoti attenti alle istanze sociali del Vangelo e laici che
ormai da tempo soffrivano, pur turandosi il naso, la coesistenza nella DC con
persone che avevano una visione della società totalmente differente. Furono per
lo più silenti e magari mi incoraggiarono con qualche pacca sulle spalle; solo
i 5 cattolici grossetani citati in precedenza resero pubblico il loro sostegno,
insieme ad un sacerdote e due laici che lo manifestarono pubblicamente sul
settimanale diocesano Confronto.
Fu L.M. che intenzionato a non votare, “dopo aver svolto per 22 anni il mio dovere
di elettore moderato di centro”, mi ringraziava per avergli “tolto l’olio dai fiaschi, almeno per una
scheda su tre: anche se tu ti fossi candidato per Fini o per Rifondazione,
sulla tua persona posso mettere la mano sul fuoco senza paura di bruciarmi”
(Toscana Oggi-Confronto, 4 aprile 1995).
Fu
Piero Rossi, segretario del PPI di Scansano, che aveva sempre sullo stesso
settimanale dichiarato la sua linea di “centrista
ad oltranza”, e che dichiarava di appoggiarmi: “Da oggi Stefano è un punto di riferimento per coloro che si rifanno a
certi ideali, questo a prescindere dal dualismo destra-sinistra. Stefano il
cammino esperienziale di cui parlavo sopra lo ha fatto veramente, rimettendoci
spesso di persona; insomma, in un periodo politico in cui contano programmi e
persone al di là dei simboli, non ho alcun dubbio nel sostenere questo candidato”
(Toscana Oggi-Confronto, 2 aprile 1995).
Fu
M.S. che ringraziava L.M. per il suo editoriale del 4 aprile e ribadiva che
solo “il cuore e la mente degli uomini
faranno veramente il cambiamento. È per questa pazza idea che anch’io, come te”,
come altri, “ho appreso con gioia e
speranza la notizia della candidatura di Stefano Gentili a Presidente della
Provincia di Grosseto”. Con la gioia “di
chi crede nell’amico con cui ha recitato insieme il rosario durante una bufera
di neve, ha giocato con i figli alla festa della famiglia in Seminario, ha
vissuto i campi sociali di Triana e Valentano, ha organizzato riunioni, ha
partecipato ai congressi, ha condiviso sconfitte” (ToscanaOggi-Confronto, 9
aprile 1995).
Attenzione dunque, i
cattolici che espressero pubblicamente il consenso alla mia candidatura furono
8.
Un’altra parte REAGÌ MALE e
lo fece piuttosto energicamente: mi furono recapitate letteracce, telefonate
risentite, smusate che sono perdurate nel tempo. “Come? – era un po’ questo il tono – ti sei venduto ai comunisti, ai nostri avversari di sempre, a quelli
che professano l’ateismo”. Alcune reazioni furono comprensibili (perché il
passato in alcune teste non passa mai), altre ebbero del grottesco. Come quella
di un sacerdote della nostra diocesi, che costrinse gli aderenti all’Azione
Cattolica della sua parrocchia a rinunciare all’adesione a quell’associazione,
solo perché erano giunte lettere contenenti l’invito a votare per me
(accompagnate da una riflessione di Alberto Monticone) a tutti gli aderenti.
L’Azione Cattolica diocesana non c’entrava nulla, quell’azione fu solo dovuta
allo zelo di un amico (allora non più responsabile di AC) che, possedendo da
tempo il tabulato degli indirizzi dell’associazione, lo utilizzò, appunto, per
inviare lettere di propaganda elettorale. Senza che io ne sapessi nulla.
Solo quel gruppo di
parrocchiani sobillati dal prete a ribellarsi alla mia candidatura erano una
trentina.
Insomma,
nessuno sa dire come effettivamente si
comportarono i cattolici in quella elezione.
Bisogna ricordare che
eravamo nella fase del travaglio e tutti coloro che erano stati abituati, per
lunghi anni, ad un certo quadro politico (con l’appello anche intra-ecclesiale
a votare chi si voleva, purché fosse un partito cristiano e democratico)
faticavano ad adeguarsi a quello che stava nascendo. Sono, anzi, convinto che
era più facile cadere preda del sogno berlusconiano piuttosto che comprendere
le ragioni di una collocazione di centro-sinistra, che conduceva ad allearti
con quelli che avevi combattuto sino a pochi anni prima.
Candidature come la mia,
collocate sul fronte sinistro, potevano non mettere in crisi alcuni cattolici
che mi conoscevano, specie quelli più vicini all’ambito ecclesiale e alcuni
sacerdoti. Ma non certo il grosso della pancia cattolica che, non a caso, nelle
politiche dell’anno prima aveva votato Silvio Berlusconi e Alleanza Nazionale.
E, alle regionali del 1995 votarono Del Debbio. Sulle provinciali sospendo il
giudizio.
Anche alcune lettere che
ricevetti dopo le elezioni mi confermarono quell’impressione: i cattolici della
provincia si comportarono in modo variegato. Votarono sia per me che per
Tamburro, in coscienza, per conoscenza, tradizione, ideologia, e chi più ne ha
più ne metta.
Alcuni stralci di queste
lettere li voglio rendere pubblici perché furono proprio belli e graditi.
Un
prete della diocesi di Massa Marittima-Piombino: “Caro dottore, rallegramenti ed auguri sinceri per la sua vittoria
politica nelle amministrative provinciali. Non ho votato la sua lista perché da
tanti anni sono amico del dr. Tamburro e lo vedevo uno dei pochi preparati a
succedere agli ultimi presidenti della nostra Provincia. […] La seguo con attenzione non dimenticando una
preghiera. […]”.
Un
prete della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello: “Carissimo Stefano, non so se farti gli auguri perché governare un Ente
pubblico, oggi, sono grattacapi. Gli auguri ce li facciamo a noi perché abbiamo
la fortuna di avere un presidente della provincia come te. E avrai bisogno
dell’aiuto dello Spirito per discernere sempre il meglio e il sostegno degli
amici. Conta su di me!”.
Un
prete della diocesi di Grosseto: “Carissimo
Stefano è da domenica sera (7 maggio) che ho il desiderio di scriverti. Forse
ti chiederai perché: è più che legittimo. Non perché ho votato per te o per
Tamburro: questo non è importante; ho fatto una scelta con senso di
responsabilità, ma, ripeto, questo non è il motivo. Il vero motivo nasce dalla
fede che abbiamo in comune. Ti scrivo perché mi sento in comunione con te, soprattutto
in questo momento, con te che sei anche il Presidente della mia Provincia, con
te che, per quel poco che ti conosco, hai visto in questo impegno il modo
concreto per giocare la tua fede e contribuire così, a tuo modo, e – ti auguro
– in risposta alla volontà di Dio, alla crescita del suo Regno. […] Caro Stefano, rimani saldo nella fede!
Rimani fedele a quel luogo nel quale la fede è nata, si nutre e si verifica: la
Chiesa. Solo nella verità a questa realtà oggettiva – che è la Chiesa – avrai
la garanzia della verità: della verità delle tue scelte, della verità delle tue
parole; della verità delle tue azioni come cristiano ma anche come Presidente
della Provincia. […] La rovina di
molti cristiani impegnati in politica è stata in passato la dimenticanza a
questa fedeltà. […] In ogni occasione
che ti capita di vivere, in ogni relazione che ti è dato di tessere è Cristo
che ti dice, come a Pietro, ‘Mi ami tu?… mi ami tu più di costoro?’ E a quella
domanda, che Cristo ti pone in ogni circostanza, rispondi con grande senso di
responsabilità e quindi di libertà, di libertà dai sentimenti, dalle persone,
dalle organizzazioni, dagli amici, dai nemici… La tua libertà sarà – per noi
cristiani – la testimonianza più forte della sincerità e dell’autenticità del
tuo servizio. […] È inutile
concludere dicendoti, che ti sono vicino, spero di dimostrartelo. Auguri,
Stefano, e coraggio, Cristo ha vinto e questa è una certezza che nessuno ci può
togliere”.
Un
prete della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello: “Caro Stefano, ti ringrazio per la scelta che hai fatto. Non voglio
apparire uno che sale sul carro del vincitore. Ti ho seguito sulla stampa in
ogni tuo spostamento, ti sono stato vicino come sacerdote e come amico;
continuerò a farlo. Che dirti? L’impegno è grande e la testimonianza che dovrai
dare è forte. So che ce la farai. Due cose ti raccomando: non sacrificare la
famiglia e non dimenticare la preghiera. Ti metto in elenco per il ricordo
davanti a Gesù Eucarestia. Farti gli auguri è poco”.
Un
cristiano laico di Grosseto: “Caro
Stefano, ho partecipato, come sempre, da semplice fedele, alla celebrazione
eucaristica di lunedì 15. La gradevole sorpresa che mi ha colto il cuore me
l’avete data tu e pochi altri. Quale sorpresa? Te la spiegherò con poche
parole. Siccome io vengo da lontano ed ho partecipato a quasi tutte le
manifestazioni civili-religiose, notavo sempre che la differenza stava nel
fatto che i partecipanti alle celebrazioni erano tutti lì, davanti a Dio
diritti come fusi, senza avere il minimo senso della comunione eucaristica,
perché, quasi tutti, atei, laici e anche anticlericali. Invece lunedì per la
prima volta ho visto il Presidente della Provincia che non solo partecipava
alla S. Messa, ma la viveva da cristiano, dando così valore al principio della testimonianza.
Mi ha fatto tanto piacere. Anche questo piccolo fatto può essere per Grosseto
un segno dei tempi. […] Vai avanti
così e ti saremo sicuramente vicini anche quando sarai angustiato dalla
solitudine che è la matrigna della politica”.
Un
cristiano laico fiorentino: “Caro
Stefano, il mio augurio più vivo per un incarico che è certamente di grande
responsabilità e impegno. Tu ti ci accingi – conoscendoti – con grande volontà
di far bene. Spero tu possa contare anche su una comunità cristiana che ha
fiducia in te. È importante sentire le nostre radici con noi, anche se un po’
di solitudine è il prezzo da pagare in questi tempi di frammentazione. La tua
esperienza in una responsabilità di governo sarà anche occasione per verificare
certe possibilità di impegno cristiano in politica, nuove rispetto al passato.
E non potrà mancare una riflessione comune. Un abbraccio a te e Rossella con la
stima e l’amicizia di sempre”.
Ce ne sarebbero altre da
pubblicare, ma quelle citate mi sembrano sufficienti anche a chiarire la
squisita sensibilità di tanti amici cristiani (sacerdoti e laici) che, avendomi
votato oppure no, esprimevano i sentimenti positivi delle loro anime e mi vollero
accompagnare con l’affetto e la preghiera. Senza chiedermi nulla in cambio. Ne
allora, né dopo.
Debbo
confessare che il riferimento alla comunità cristiana, sollecitato da un paio
di lettere, fu assai difficile. Come ebbi a dire al giornalista Enrico Pizzi
che curò un dossier su alcuni responsabili di ACI, poi impegnati in politica, “purtroppo da quando sono stato eletto
Presidente della Provincia i momenti di vita comunitaria si sono ridotti alla
liturgia domenicale e a qualche sporadico incontro spirituale per adulti. Un
po’ dipende dalla limitatezza del tempo, ma succede anche che quando assumi
ruoli politici, divieni improvvisamente ‘sospetto’ anche per la comunità
ecclesiale” (Testimoni di Amicizie civiche, in Nuova Responsabilità, aprile
1997).
Quella solitudine
l’ho sofferta molto. Ma va anche ricordato che le comunità
ecclesiali non erano state educate e preparate ai tempi nuovi, né al famoso
detto latino “in necessariis unitas, in
dubiis libertas, in omnibus caritas”.
Le opzioni politiche rientravano nella legittima libertà
dei cristiani, senza che andassero a sopraffare la fede e la carità e incrinare
l’unità ecclesiale. Invece, non pochi componenti le comunità erano ancora
storditi da una certa ideologia cattolica, che aveva regnato incontrastata per
50 anni e aveva il suo totem nell’unità politica dei cattolici e il suo tabù
nell’avere rapporti con i comunisti. E la vivevano come una questione di fede.
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