I voti a Rifondazione comunista erano tanti e facevano gola, ma decidemmo di non apparentarci con nessuno per il secondo turno.
Nelle ultime elezioni
politiche generali prima di quelle dell’aprile 1995, cioè quelle del 27 marzo
1994, Rifondazione comunista aveva ottenuto a livello provinciale 14.042 voti,
pari all’8,57%.
Nelle elezioni regionali
contestuali alle provinciali del 23 aprile 1995, Rifondazione con il candidato
Luciano Ghelli aveva raggiunto 15.926 voti pari al 10,68%. Nelle provinciali
Rifondazione con il candidato Roberto Barocci raggiunse 26.071 voti, pari al
18,02%.
Per la verità, il trend era
questo in tutta la Toscana: a Livorno, contro il comunista Claudio Frontera,
Rifondazione comunista prese il 13%, a Pistoia contro il comunista Aldo Morelli
raccolse il 14,2%, a Prato contro Daniele Mannocci il 12,5%, a Siena contro il
comunista Alessandro Starnini l’11,3%.
Fatto sta, comunque, che nella provincia
di Grosseto ottennero un indubbio successo. Più che altrove in
Toscana. Perché?
Dipese dalle relazioni
sempre più pessime che avevano con il PDS provinciale e un po’ anche a livello
comunale (fratelli coltelli)? Dipese dallo spessore del candidato Roberto
Barocci, persona indubbiamente nota e preparata? Dipese dalla mia candidatura
assolutamente indigesta per quei palati? Credo che i tre motivi marciarono
insieme. E forse ce ne saranno stati anche altri. Certo, la mia biografia di ex
democristiano e per di più di insegnante di religione cattolica, non favorì il
loro consenso. Anzi, permise loro, insieme a qualche elettore PDS molto
sinistro, di non avere il benché minimo scrupolo di coscienza e dare un voto
ideologico forte e chiaro all’unica vera sinistra (alcuni di loro dicevano: “Ci manca che ora vada a votare un mezzo
prete”). Io quel voto non l’avevo cercato e il mio intento era quello di
intercettare voti centristi. Chissà se nel flusso dei voti reali qualche
elettore, che avrebbe potuto votare Giovanni Tamburro, votò Gentili. Io penso
di sì. Forse mi illudo di sì. Chissà.
Al
di là della questione con rifondazione, le motivazioni del voto furono, come
sempre, complesse. Tra l’altro non tutti si impegnarono, specie a livello
locale. Vi furono anche molte contese comunali e l’attenzione delle forze
politiche locali fu più rivolta a quel livello. Quando, addirittura, non ci fu
chi si mosse proprio in direzione opposta a noi, pur dichiarandosi dalla nostra
parte. Conservo ancora una missiva inviata a me, e per conoscenza ad altri, da
parte del comitato elettorale di un comune non lontano da Grosseto. Si diceva
tra l’altro, “È facilmente dimostrabile
che il candidato sindaco X (non cito il nome) ha fatto campagna elettorale esclusivamente per il Comune, non
distribuendo nemmeno un fac-simile per la Provincia. Per quanto riguarda i suoi
candidati molti di essi non solo non ti hanno sostenuto, ma hanno sicuramente
votato per il tuo diretto concorrente Tamburro, ed alcuni si sono prodigati
anche nelle Regionali, per Bellettini”. Addirittura si sosteneva che, “come possono testimoniare autorevoli
rappresentanti di Alleanza Nazionale, X ha condotto trattative riservate, a
livello provinciale, con Alleanza Nazionale e Forza Italia, per fare una lista
insieme al Comune, mentre i suoi collaboratori tentavano analoga trattativa con
la destra locale”.
Questo per dire che le
variabili in gioco erano molte e agirono tutte.
Comunque, al di là di tutto,
il 24 aprile 1995 l’unica cosa che avevo
in mente era di organizzare a dovere il secondo turno e la battaglia si
presentava assai ardua.
Se Giovanni Tamburro fosse
riuscito, nei quindici giorni che separavano il primo dal secondo turno, ad
intercettare i voti presi da Del Debbio, oltre 66.000, sarebbe stato un bel
problema.
Io avrei dovuto
riconquistare i circa 64.000 voti di Chiti e prendere quelli di Rifondazione o
parte di essi. Impresa non proprio agevole.
La cosa più semplice, per
dormire sonni meno agitati, sarebbe stata quella di allearsi con Rifondazione.
Sprezzanti del pericolo, si potrebbe dire, decidemmo
di andare da soli al secondo turno, senza apparentamenti, fedeli a quanto
avevamo dichiarato prima del primo turno. Dico decidemmo, perché la scelta fu
mia, ma anche del segretario PDS Ferretti e, mi sembra ricordare, di tutti gli
altri. Non con Rifondazione, ma neppure con i Laburisti di Ciani, con
Schiaretti o Galli.
Io
avevo in mente l’impostazione che poi sarà dell’Ulivo nel 1996 ed a quella
cercavo di attenermi; poi anche per il mio mondo di provenienza non avrei mai
potuto accettare un apparentamento con Rifondazione. Non
per i temi sociali che portavano avanti, che – a parte la visione
iperstatalista – in buona parte condividevo, ma per l’armamentario ideologico
che li equipaggiava. Poi, anche perché era proprio quella la critica serrata
che mi veniva rivolta dalla destra, che voleva portare dalla propria parte
tutto l’elettorato cosiddetto moderato. Ed era anche ciò che mi veniva
rimproverato da molti cattolici. Non pochi problemi ebbi con questi ultimi, ma
ne parlerò più avanti.
A rileggere la pagina de Il
Tirreno del 27 aprile 1995, io non ipotizzavo apparentamenti, ma puntavo ad
aprire “un confronto con i cittadini sul
nostro programma per offrire risposte reali alla gente” e dichiaravo di
chiedere i voti a tutti, senza preclusioni.
Giovanni Tamburro diceva “di partire dalla base reale del proprio
elettorato che è(ra) del 47%” e
di guardare per gli apparentamenti alla Lista Pannella, al Mat e, in ultima
analisi, anche a Ciani qualora avesse condiviso la sua proposta.
Lamberto Ciani diceva che il
suo “cuore batte(va) a sinistra” e che era aperto ad un
confronto con noi “sui programmi e a
patto che si ragioni (ragionasse) in
altri termini” (quali?). Ma era anche disponibile a discutere con il centro
destra.
Raniero Amarugi per
Rifondazione si diceva pronto a trovare un accordo con noi a patto che “che cada (cadesse) la discriminante sciocca” nei loro confronti, vi fossero intese
sulle questioni di fondo e gli venisse dato un assessore.
Schiaretti affermava che vi
erano convergenze possibili in più direzioni.
“D’altra parte
–diceva – ho letto che Gentili fa
un’apertura a 360%”.
Ognuno diceva la sua, ma noi andammo avanti da soli.
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