La famiglia a spizzichi e bocconi
Così come nella liturgia
della chiesa cattolica dopo i tempi forti del Natale e della Pasqua si entra
nel tempo ordinario, in ambito civile dopo la forte estate ci siamo ormai
infilati nell’ordinarietà della nostra vita. A Pitigliano questo discrimine è
dato dalla festa delle cantinelle, scintillante anche quest’anno.
Nell’ordinario tram-tram
(scialbo o esaltante come e più delle feste) ho collocato la mia storia. Quelle
lungagnate che non andrebbero scritte su Fb, adatto a frasi fulminanti o al
massimo di 20 righe. Ma che ci posso fare. Ho il desiderio di ripensare al mio
passato, riordinarlo, ripensarlo. Per me, i miei figli, gli amici, i curiosi.
Poi, tutto sommato, dopo appena 7 righe, appare la locuzione altro che può
essere cliccata o bypassata.
Dunque,
dove eravamo rimasti?, riprendendo la famosa frase pronunciata da
Enzo Tortora quando nel febbraio 1987 ricominciò il suo Portobello.
Eravamo al paragrafo 49,
ormai nel pieno del vortice provinciale. In quel post e in quello precedente mi
ero dedicato ad alcune curiosità. Ora è il tempo di entrare nelle questioni di
fondo. Richiederanno una certa fatica, a me e agli affezionati lettori. Non me
ne vogliano.
Prima però desidero
rammentare che la mia vita non si intrecciava solo con la provincia (anche se
ad essa dedicavo la quasi totalità del tempo), ma anche con la famiglia.
Rossella era dedita alla
famiglia: ai figli e a me, che ero quasi come un figlio.
Giovanni nato nel 1988 e
Lucia nel ’90 trascorrevano la loro vita di preadolescenti e mi vedevano
raramente, perlopiù la domenica e non sempre. Io teorizzavo la prevalenza della
qualità sulla quantità circa la mia presenza con loro. Una stupidaggine.
Raramente venivano in provincia e, quando lo facevano, si appoggiavano sulla
scrivania della mia stanza e sfornavano disegni d’ogni genere. La domenica,
quando potevo stare con loro – insieme ai miei genitori a quelli di Rossella e
alla famiglia di suo fratello – era per me un grande sollievo, anche se mai
sufficiente a distogliere la testa dalle gravose questioni provinciali.
Ma era pur sempre un’oasi.
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