Le pacche sulle spalle, il breve ritorno a scuola, i primi pensieri, il giuramento. Dopo 50 anni di presidenti comunisti e socialisti, il primo presidente eletto direttamente dal popolo fu un popolare. “Vola”
Le ore successive allo
spoglio, dopo che Telemaremma aveva reso noto il risultato elettorale, fui
subissato da telefonate di congratulazioni e attestati di stima. Che si
prolungarono per tutto il giorno successivo. Ci fu uno scambio di auguri
reciproci con Emilio Bonifazi, anche lui al ballottaggio per il comune di
Follonica, che vinse alla grande.
Ricevetti
poi molti telegrammi, che lessi in seguito. Ne cito alcuni. “Apprendo da stampa nazionale tue ultime
notizie. Mi complimento e auguro buon lavoro”. “Puri come colombe, astuti come volpi. Fervidissime congratulazioni e
buona fortuna”. “Congratulazioni per
tua importante affermazione”. “Evviva,
siamo molto, molto felici”. “In bocca
al lupo per il lavoro che ti aspetta che non sarà sicuramente semplice. Ti faccio
i migliori auguri di riuscire, in questo incarico, a restare prevalentemente
una persona e ad essere un buon Presidente e non un rappresentante di partito”.
Anche
diverse lettere o bigliettini: “Caro
Stefano, desidero innanzi tutto congratularmi per il successo che hai ottenuto
ed augurarti un lavoro proficuo nell’interesse della Provincia che ne ha
veramente bisogno. Debbo poi rettificare una mia precedente impostazione: nel
caso specifico sono convinto che un po’ di sano integralismo non guasti”.
Ammetto che tra le missive
che mi giunsero, una mi colpì in modo particolare, per stringatezza ed
efficacia: “Vola”.
Ma torniamo alla prosa. L’aspettativa non retribuita presa a scuola
per il periodo elettorale era terminata e l’8 mattina, alle 7, mi alzai per
andare al lavoro all’ITCG Zuccarelli di Pitigliano. Avevo 3 ore di lezione. Mi
accolsero quasi tutti con entusiasmo, specie gli studenti più grandi e anche
coloro che non mi avevano votato. Al giornalista Riccardo Lottini che volle
un’intervista, dichiarai il mio desiderio di terminare l’anno scolastico.
Poverino…non mi rendevo ancora conto di quello che mi avrebbe aspettato e
travolto.
Intanto i giornalisti
iniziarono sin da subito a martellare sui tempi e i nomi dei quattro assessori
che avrei dovuto nominare. Avevo detto che avrei fatto tutto nei termini di una
settimana, ma ce ne misi due.
E mi fu rinfacciato.
I papabili secondo la stampa
sarebbero stati Teglielli, Norcini, Chielli per il PDS, Rosi per il PRI,
Valente per il Patto Segni. Tutte persone con una loro storia. Ma – scrivevano
– “si parla anche di una donna e di un
esperto in materie economiche”, mettendo in campo Gennai e Tricoli.
Io stavo naturalmente
pensando all’assetto di giunta, ma di quello che scrivevano sulla stampa non mi
interessava proprio nulla. Talvolta alcuni giornalisti erano (e sono) usati
come strumenti di pressione da parte di alcuni loro amici. Figurarsi se mi
facevo influenzare.
Nel frattempo le prime cose
incombevano. La conoscenza dei dirigenti e della struttura, l’individuazione
dei primi collaboratori, tutta una serie di adempimenti burocratici tra i quali
anche un’attività che mi impressionò: la firma del presidente della Provincia
degli stipendi di tutti i dipendenti dell’amministrazione, dopo che erano stati
firmati dalla ragioniera generale, dal segretario, dall’assessore (che in
quella fase non c’era). Una cosa pazzesca che di lì a poco sarà eliminata.
Anche perché si affermerà sempre più la netta separazione tra i compiti degli
organi di governo e quelli dei dirigenti. Mentre ai primi spettavano poteri di
indirizzo e di controllo ai secondi spettava non solo la direzione degli uffici
e dei servizi, ma anche la gestione e, in quell’ambito, anche l’adozione degli
atti che impegnavano l’amministrazione verso l’esterno.
Una nuova logica che qualche
politico non vide di buon occhio, ma che a me piacque assai e mi liberò da
incombenze che mi avrebbero fatto perdere tempo e avrebbe finalmente reso
chiaro ai cittadini (quelli che volevano o sapevano vedere) le attività frutto
dell’azione politico-amministrativa e quelle proprie dell’attività
tecnico-amministrativa. La voglio ricordare perché, per un verso, dava a
ciascuno il giusto carico di responsabilità, anche penali, e impediva che si
continuasse con l’andazzo del clientelismo. Mi raccontavano di un assessore che
nel passato, quando ad esempio un agricoltore riceveva un finanziamento, un
rimborso o qualcosa di simile (atti dovuti e legati al diritto che aveva
maturato o al danno che aveva subìto), si presentava da questi con l’assegno in
mano, magari in compagnia di alcuni dipendenti provinciali. Ripeto me lo
raccontavano, io non ho prove. Forse era una diceria.
Nel frattempo giunse il
giorno del giuramento in prefettura. Come scrisse Il Tirreno del 17 maggio
(giorno dopo il giuramento): “Vestito
rigorosamente in grigio antracite, passo sicuro, Stefano Gentili, si è
avvicinato al tavolo del prefetto. Il neopresidente della provincia è stato il
primo amministratore che ha prestato giuramento davanti alla dottoressa Anna Maria
D’Ascenzo”. Il passo sarà stato anche sicuro, ma l’emozione era tanta e i
problemi già si affastellavano nella mia mente. Come ricorda lo stesso
quotidiano, quel pomeriggio sarei andato dal presidente dell’Anas D’Angiolino “per discutere su alcune questioni che
riguardano la viabilità provinciale”. Con me giurarono i 13 sindaci che
erano stati eletti il 23 aprile per la prima volta, alla presenza anche degli
altri sindaci eletti, che avevano già giurato cinque anni prima e erano stati
riconfermati nelle ultime elezioni amministrative.
Dopo il giuramento ero ufficialmente
l’11° Presidente della Provincia di Grosseto dal dopoguerra. Il primo eletto
direttamente dal popolo.
Pima di me c’erano stati
Giovanni Magrassi (1944-1947), Raffaello Bellucci (1947-1951), Emilio Suardi –
PCI – (1951-1952), Mario Ferri – PSI – (1952-1967), Geo Antonio Palandri – PCI
– (1967-1970), Luciano Giorgi – PSI – (1970-1980), Claudio Asta – PSI –
(19801983), Fosco Monaci – PSI – (1983-1985), Alberto Cerreti – PSI –
(1985-1990), Lamberto Ciani – PSI – (1990-1995).
Per la verità più che
Presidenti della Provincia andrebbero chiamati, i primi due, Presidenti della
Prima e della Seconda Deputazione provinciale, e gli altri Presidenti della
Giunta e del Consiglio provinciale.
Ma non sottilizziamo troppo.
Dopo 50 anni di Presidenti comunisti o socialisti era
spuntato, eletto dal popolo, un popolare. Sembravamo su Scherzi a parte.
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